PIERPAOLO PASOLINI

1975 - Salò o le 120 giornate di Sodoma
1974 - Il fiore delle mille e una notte
1972 - I racconti di Canterbury
1971 - Il Decameron (anche attore)
1970 - Le mura di Sana'a
1969 - Medea
1968 - Teorema
1968 - Capriccio all'italiana
1967 - Edipo re
1967 - Le streghe
1966 - Uccellacci e uccellini
1964 - Comizi d'amore
1964 - Il vangelo secondo Matteo (1° Tempo)
1964 - Il vangelo secondo Matteo (2° Tempo) incompleto!
1963 - La rabbia
1963 - La ricotta
1962 - Mamma Roma
1961 - Accattone



I primi contatti di Pier Paolo Pasolini (1922-1976) con il mondo del cinema avvengono a Roma, nel 1950, quando scrive sceneggiature per Mauro Bolognini e Mario Soldati. Il primo film da regista, Accattone lo realizza nel 1961 descrivendo una borgata romana, un luogo emarginato ma incontaminato, in cui vivono personaggi che proprio perché dimenticati da tutti conservano una serie di qualità - grazia interiore, schiettezza di modi, capacità poetica di sognare il futuro - che il mondo del benessere ha perduto per sempre. Pasolini segue in particolare il protagonista, si concentra su ogni sua espressione, mette in evidenza tutta la sua rozzezza. La sua tecnica non è però quella del Neorealismo*; il suo cinema, infatti, in questa prima fase che appare come la trascrizione in immagini dei suoi primi romanzi, guarda più ai suoi referenti figurativi e culturali, da Masaccio a Piero della Francesca fino al Pontormo, che non alla tradizione cinematografica. Ecco perché i suoi primi piani cercano le rughe del volto, le pieghe scure sulla fronte del protagonista; ecco perché le sue figure sono tendenzialmente statiche e il loro movimento è affidato più alla musica di Bach che agli spostamenti della macchina da presa. Il film, come molti altri di Pasolini, si chiude con una morte che arriva come una forma di liberazione da una vita sempre uguale a se stessa.
Morirà anche il protagonista di Mamma Roma (1962), un altro sottoproletario per il quale la madre sognava un futuro piccolo-borghese; morirà sulla croce - per indigestione - il protagonista de La ricotta (1963), mentre interpreta, nel film che si gira all'interno del film, la parte del ladrone accanto al Cristo; moriranno su un mucchio di rifiuti i due burattini (Totò e Ninetto Davoli) di Che cosa sono le nuvole (1967), nell'istante stesso in cui cercano di evadere dal palcoscenico, spazio-simbolo della loro costrizione. E in fondo si tratta sempre dello stesso personaggio: un sottoproletario che, nel primo caso, soccombe di fronte alla società del benessere, nel secondo perisce realmente e per quello che è (un povero disperato che non ha di che mangiare), in contrasto con la finzione cinematografica che si concentra sulla morte di Cristo, nell'ultimo infine viene sconfitto nel momento in cui esce dalla metaforica condizione di emarginazione, pur se confortato dalla visione delle nuvole, inedita per i burattini.
Con una morte si chiudeva anche Uccellacci e uccellini (1966), sebbene non vedesse coinvolti i protagonisti principali - un padre e un figlio che girano per il mondo animati da grandi ideali - ma un insopportabile “corvo marxista”, metafora di un momento difficile della sinistra italiana che, dopo la morte di Togliatti, avvenuta nel 1964 e che chiudeva un'epoca e una strategia politica, si trovava in pieno periodo di riflessione. Negli stessi anni, sugli stessi presupposti, nascevano anche I sovversivi di Paolo e Vittorio Taviani, Prima della rivoluzione di Bernardo Bertolucci. Condizionamenti sociali, vicende di, I pugni in tasca di Marco Bellocchio e, con una coscienza già proiettata verso il ‘68, La Cina è vicina sempre di Bellocchio.
Fu proprio il periodo della contestazione giovanile a determinare una pausa nella produzione di Pasolini che gli servirà per elaborare una nuova teoria del linguaggio cinematografico. Tale teoria propugnava innanzitutto la fine dello schema naturalistico che aveva caratterizzato il cinema italiano dal dopoguerra in poi, a vantaggio di una scrittura filmica che mettesse in mostra la presenza della macchina da presa, che rendesse visibile l'operazione tecnica che genera l'immagine. Questa “presenza” della macchina da presa e del regista che la muove avrebbe caratterizzato il cinema immaginato da P. in senso poetico, la cui “metrica” era fornita dal “verso” del piano-sequenza.
Pasolini condensa il frutto di queste intuizioni in Teorema (1968) e Porcile (1969), in cui raggiunge notevoli risultati dal punto di vista figurativo per costruire due difficili metafore della realtà offuscata ormai da un cieco pessimismo: l'Italia gli appare dominata da un nuovo potere che tende ad omologare tutte le classi sociali al modello piccolo-borghese. La realtà contadina e precapitalistica che egli aveva mitizzata - conosciuta dapprima nelle forme del paesaggio friulano e ravvisata poi nei modi di vita delle borgate romane - è ormai scompara; per trovare spazi “immacolati” bisogna volgere lo sguardo verso il Terzo Mondo, verso quelle direzioni che già indicavano i cartelli stradali del finale di Uccellacci e uccellini: Istanbul Km. 4.253, Cuba Km. 13.257.
Tradotto nelle cifre del suo cinema, tutto questo significa sconfitta, incapacità di comprendere il presente e le sue novità: Edipo re (1967) e Medea (1970) sono l'espressione della crisi di una personalità che, accantonato lo spirito rivoluzionario, cerca di fuggire dalla realtà spinto da un sentimento tragico della vita.
Da questi territori lontani Pasolini combatte le sue ultime battaglie contro i tabù sessuali, armato unicamente delle leggi della natura che, nella sua visione, raggiungono la purezza solo se liberate dai vincoli educativi e religiosi e dopo aver dato sfogo ai piaceri del sesso. Sono gli argomenti che ispirano la cosiddetta “trilogia della vita”: Decameron (1971), I racconti di Canterbury (1972), Il fiore delle mille e una notte (1974).
Ma sarà una battaglia tragica che Pasolini si accorge di aver perso già nel momento in cui prende atto che anche le cose a lui più care, il mondo che più amava, è compromesso con la società borghese sempre più imperante: una visione senza futuro che, venata da violenza e sangue, rappresenterà in Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975), il suo ultimo film considerato da molti come un vero e proprio testamento.
Il film uscirà dopo la sua morte, avvenuta la notte fra il 1 e il 2 novembre del 1975.